Chef Giorgio Rosato: la creatività in cucina a 360°

Passione e creatività sono le gli ingredienti essenziali della cucina di Giorgio Rosato, affezionato utente di MySocialRecipe ed Executive Chef Consultat del ristorante Vittorio Veneto di Cherasco, che in questa intervista ci rivela come nascono le sue ricette e come riesce ogni volta a trasformarle in una straordinaria esperienza multisensoriale.

Come nasce la tua passione per la cucina?
La mia passione per la cucina, ulteriormente esaltata dai miei viaggi ed esplosa negli ultimi anni, viene da lontano. Per la precisione dai tempi del liceo quando si organizzavano le cene in casa per far colpo sulle ragazze e ognuno era incaricato di preparare qualcosa. In una di queste riunioni mi venne assegnato il compito di occuparmi del ragù e, non sapendo da dove iniziare, ho chiesto alla mia mamma di farmi un corso accelerato sull'argomento. La sera dell’evento sono arrivato con il mio zainetto contenente tutti gli ingredienti necessari e, per sicurezza, anche i fogli delle istruzioni per essere sicuro di non sbagliare niente. E’ andata benissimo e da allora non ho più smesso di spadellare.
Cosa è per te la cucina creativa e cosa rende una ricetta originale?
La cucina è per antonomasia una disciplina creativa e ogni ricetta nasce e si realizza attraverso una magica alchimia chimico-fisica. Basti pensare ad esempio cosa si riesce a tirar fuori da una semplice miscela a base di farina, acqua e sale. Per questo parlare di cucina creativa potrebbe sembrare quasi una sinonimia, ma se volessimo circoscrivere i suoi confini e azzardare comunque una definizione, potremmo dire che la cucina creativa consiste nel realizzare qualcosa di nuovo ai fornelli senza stravolgere gli ingredienti originali. Certamente non è cucina creativa aggiungere la panna alla pasta alla carbonara, o utilizzare la pancetta in quella all’amatriciana, e lo chef deve sforzarsi di trasformare gli ingredienti della cucina tradizionale in una esperienza multisensoriale in grado di soddisfare le aspettative di un palato immaginario sempre più esigente. Anche partendo dai piatti più semplici e popolari, come ad esempio una normale pasta all’aglio, olio e peperoncino.
Tu come la trasformeresti in una ricetta di cucina creativa?
Proprio in questo momento sto lavorando ad una speciale versione su questo piatto, che ho chiamato “Aglio, olio e peperoncino 2.0”, utilizzando solo i tre ingredienti di base. Si parte da una grossa testa d’aglio, leggermente tagliata nella parte superiore; distanziati gli spicchi si versa un cucchiaio di olio e si avvolge il tutto in carta alluminio mettendo in forno per una mezz’ora. Per la pasta si effettuano tre diversi passaggi di cottura. Il primo a secco, in forno, lasciando tostare la pasta fino a quando assume una colorazione nocciola, per passare poi alla tradizionale cottura in acqua. Scolata la pasta, si procede alla testa cottura con una breve frittura in burro chiarificato. Impiattare e spremere la crema di aglio ottenuta dalla cottura in forno e aggiungere tre diversi tipo di peperoncino (piccante calabrese, Habanero e Jalapeño) preparati con tre tecniche diverse. Questo è un esempio di cucina creativa. Ricordarsi sempre inoltre che creatività non vuol dire necessariamente complessità poiché, come sosteneva Albert Szent-Györgyi (Nobel per la medicina nel 1937), “La ricerca consiste nel guardare ciò che altri hanno già osservato e nel pensare ciò che nessun altro ha mai pensato”.
 
Raccontaci del tuo progetto “Diversamente C.H.E.F.”
Diversamente C.H.E.F. è un progetto gastronomico che si propone di scandagliare, attraverso una serie di nuove prospettive, il complesso e variegato universo della gastronomia. Con l’ambizioso obiettivo di creare una “Service company” in grado di fornire know-how e consulenza aziendale sia nel settore della ristorazione tradizionale, sia in quello del banqueting e del catering alto di gamma. La scrittura con la punteggiatura è stata adottata perché in questo caso di tratta di un acronimo (i Cuochi Hanno Esautorato i Fornelli) la cui scelta è legata al fatto che Diversamente C.H.E.F. vuole riportare l’attenzione del consumatore sul contenuto (bontà del cibo, qualità delle materie prime e accuratezza nelle preparazioni) piuttosto che sul contenitore (glamour food, showcooking, spadellatori televisivi, etc). Questo naturalmente non vuol dire che anche nell’ambito degli chef stellati e delle trasmissioni dedicate alla cucina non vi siano delle eccezioni che possano privilegiare il contenuto rispetto al contenitore. Comunque per un maggiore approfondimento su questa iniziativa pubblicherò a breve sulla mia bacheca utenti di MySocialRecipe il protocollo integrale del progetto Diversamente C.H.E.F.
 
Se dovessi descriverti con una ricetta, quale sarebbe?
Senz’altro quella che ho allegato alla tesi di esame di Chef professionista presso l’Accademia Italiana Chef, i “Kalpis di chiocciola e burrata” che è anche l’ultima ricetta pubblicata su MySocialRecipe. Questo piatto mi rappresenta molto perché contiene elementi molto rigorosi (come la pasta 3D ottenuta da una stampante) abbinati a sapori forti (come la carne di chiocciola e la colatura di alici), ma allo stesso tempo risulta bilanciato da gusti molto delicati assicurati dalla burrata e della crema di asparagi. In fondo riflette un po’ la mia cucina che definirei come “la cucina di un samurai con la sensibilità di una geisha”.
 
Sei approdato in tv nelle trasmissioni di Alice TV, ma cosa ti rende diverso dagli altri chef?
L’autocitazione è sempre un tantino insidiosa per chiunque abbia un minimo di modestia, e un po’ di buon senso, ma se proprio devo esprimermi in merito alla tua domanda posso dire che l’elemento peculiare che mi caratterizza è il mio approccio a 360°verso la ricetta. Tutti gli chef si preoccupano, giustamente, di utilizzare materie prime di altissima qualità e prodotti rigorosamente di stagione, o carni di prima scelta e pesce fresco, ma nel mio caso inoltre non trascuro mai una accurata documentazione sul lavoro che sto per fare. Forse per una sorta di deformazione professionale, legata alla mia pluridecennale attività di giornalista, mi documento sempre in maniera approfondita sulla storia e le origini di una ricetta e dei suoi ingredienti. Altrettanto importanti sono anche altri fattori come l’abbinamento dei vini (in base ai piatti e alla stagione), un’attenta valutazione del food cost e la ricerca nell’ambito del food pairing, basata sull’associazione della composizione molecolare e delle catene aromatiche di due o più alimenti.

Hai viaggiato tanto, in tutti e 5 i continenti, oggi fai viaggiare noi e proponici il tuo tour gastronomico ideale
Domanda molto difficile, e impegnativa, per uno chef globetrotter. Ognuno dei Paesi che ho visitato finora ha lasciato una traccia importante nella mia cucina, ma se dovessi proporre un ideale tour gastronomico in qualche parte del mondo, suggerirei un viaggio a Singapore. Questa singolare e affascinante città-Stato del sud est asiatico che si protende sull’oceano Indiano all’estremità meridionale della penisola malese, è una vera e propria fucina di gusti e sapori.  Anche perché in realtà, grazie alla sua posizione strategica, ha sempre  rappresentato un importante crocevia per la maggior parte dei commerci e dei traffici marittimi tra numerosi Paesi asiatici per cui non esiste una vera e propria cucina singaporiana. Le sue componenti essenziali, sia per quanto riguarda gli ingredienti che le ricette, scaturiscono dall’unione e dalla fusione di svariate cucine asiatiche. A Singapore troviamo infatti tutte le maggiori cucine regionali cinesi, la cucina malese, la cucina indonesiana, la cucina indiana, la cucina cingalese e la cucina thailandese, senza contare le numerose tracce e contaminazioni legate al periodo coloniale britannico e portoghese. Un autentico caleidoscopio di gusti e sapori al cui interno anche i più consumati viaggiatori riescono a trovare qualcosa che soddisfi il proprio palato, sempre immersi in un’atmosfera ipertecnologica che ospita una popolazione dotata di uno spiccato senso di educazione civica.
 
Difficile fare previsioni per il settore della gastronomia in questo momento, ma cosa vedi nel futuro di Giorgio?
Il momento è indubbiamente difficile ma penso che per la cucina, soprattutto quando è praticata con amore e passione, ci sarà sempre un futuro ricco di soddisfazioni. In questa fase stiamo vivendo un periodo  caratterizzato soprattutto da una grande incertezza. Legata oltre che al problema sanitario anche alla mancanza di un protocollo preciso per l’intero settore del food. Penso sia fondamentale conservare tra gli ingredienti della cucina una grossa dose di ottimismo. I ristoratori, oltre ad attenersi alle varie norme anti-Covid19 contenute nei rispettivi protocolli (quando finalmente verranno pubblicati), dovranno ridisegnare radicalmente il menù per adeguarlo alle nuove esigenze. Sia per il consumo in sede, sia per l’eventuale asporto o per il delivery. Ma dovranno anche, soprattutto nei ristoranti della fascia medio/alta, trovare il giusto equilibrio tra il fine dining e l'easy dining. E anche in questo caso sopravviveranno solo quelli che avranno avuto il coraggio di osare. Del resto non a caso Steve Jobs sosteneva che “Investire in tempo di crisi è come costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”. E, per rispondere alla seconda parte della tua domanda io ho avuto la fortuna, e il privilegio, di incontrare un imprenditore coraggioso: dal 1 giugno infatti assumo l'incarico di "Executive Chef Consultant" presso il ristorante Vittorio Veneto di Cherasco, un noto locale delle Langhe specializzato in cucina piemontese. E non dimentichiamo infine, come ha dichiarato qualche giorno fa il mitico Ferran Adrià, che “Il problema non è riaprire, ma riempire”.
 
 
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