Oggi non vi mostrerò nessuna nuova ricetta ma vi parlerò di un viaggio che ho fatto a luglio come premio per essere arrivata tra i 5 finalisti del contest organizzato da Mysocialrecipe con La Fiammante e La fabbrica delle pasta di Gragnano.
Sono stati due giorni intensissimi alla scoperta delle filiere, delle tradizioni campane, del buon cibo e dei paesaggi rurali insieme a tante persone appassionate come me.
La prima tappa è stata Gragnano, un piccolo paese arroccato sulle montagne a pochi km da Napoli.
A Gragnano produrre pasta è un’arte che si tramanda da generazione in generazione, 32 segreti costuditi gelosamente dalle famiglie che ancora hanno un pastificio artigianale.
Seguendo i dettami e i segreti della tradizione di famiglia il titolare, Antonino, impasta nel suo stabilimento la semola di prima estrazione insieme all’acqua proveniente dalla sorgente Imbuto.
Fin dal 1200 nella piazza centrale di Trivione i migliori grani venivano scambiati dai “sanzari” e poi portati ai 30 mulini che si trovavano lungo il corso del fiume Vernotico per essere macinati.
L’impasto di acqua e semola è poi sottoposto al processo di gramolatura, cioè una compressione che lo rende più omogeneo, e poi trafilato al bronzo ricavandone ben 20 formati diversi.
Lo spessore della trafila e la qualità del grano utilizzato modificano i tempi di cottura della pasta e la sua consistenza più o meno gommosa dopo la cottura.
Un’altra caratteristica della pasta di Gragnano è l’asciugatura lenta a bassa temperatura.
Prima dell’avvento dell’industrializzazione veniva stesa lugno Corso Sancio ( oggi Via Roma) sopra delle canne di bambù e veniva fatta asciugare molto delicatamente e per molto tempo al sole combinando anche l’azione del vento proveniente dai Monti Lattari e quello del mare del Golfo di Sorriento.
Antonino si è inventato dei formati di pasta che sembrano delle vere e proprie opere di design ottenendo numerosi brevetti.
La Fabbrica della Pasta di Gragnano produce circa 6 quintali di pasta all’ora che dopo l’asciugatura vengono impacchettati sia meccanicamente che a mano, con una tecnica che non è mai cambiata nel tempo.
All’interno dello stesso stabilimento è stato possibile visitare lo show room con emozionanti foto d’epoca e gli antichi attrezzi utilizzati dai pastai dell’800 e un piccolo spaccio di tutti i formati di pasta di questa azienda familiare.
La pasta di Gragnano è molto particolare, ruvida, di un giallo intenso, totalmente naturale e senza l’aggiunta di additivi, amata in Italia ma anche apprezzata in tutto il mondo.
Gragnano mi ha fatto scoprire anche un vino frizzante rosso, il Gragnano Doc, che viene imbottigliato per San Martino l’11 novembre quando la fermentazione è ancora in atto.
In passato veniva consumato dai contadini con pane cafone e friarilelli cotti con olio e aglio e venduto in una piccola botte, il caratello, durante la Traffica di Gragnano.
La seconda tappa del viaggio è stata la coltivazione dei pomodori del Sig. Acampora presso Ercolano.
Siamo stati accolti da un’intera famiglia, coccolati e viziati per ore alla scoperta del pomodoro rosso del Piennolo.
Questo particolare tipo di pomodoro cresce alle pendici del “gigante buono”, il Vesuvio, dove le piantine vengono trapiantate nel terreno nel mese di aprile e trovano un terreno di origine vulcanica, scuro e ricco di minerali.
Il piennolo è anche detto “pomodoro di terra asciutta” perché la sua pianta non viene irrigata non appena spunta.
E’ un pomodoro dalla polpa poco acquosa, dalla buccia spessa e resistente con due righe verticali, una per lato, e un pizzo appuntito sul fondo, lo spunzillo.
Il piennolo viene raccolto piantato e raccolto a mano e il nome deriva dalla lavorazione finale, fatta dalle donne della famiglia, che incrociando gli steli con i pomodori uno sopra l’altro formano una sorta di grande pendolo.
Il piennolo viene regalato a Natale e conservato sui balconi dei napoletani e, grazie alla poca acqua che contiene rispetto ai classici pomodori da salsa, si conserva fino all’estate successiva.
La localizzazione dei campi di Salvatore Acampora non è a caso perché le piante e i frutti di pomodoro beneficiano anche delle brezze marine che gli donano un particolare sapore salmastroso e sono soggetti ad un irraggiamento solare di molte ore.
La pianta viene trapiantata ogni anno ed è frutto di un seme raccolto dai pomodori stessi.
Questa è un’antica tradizione e il seme Acampora è uno dei più pregiati per la coltivazione del piennolo.
Il seme si ricava dai pomodori più belli, con il pizzo più a punta e dal colore rosso accesso.
Con i frutti tagliati o schiacciati si fa la “paccatella”, una conserva di pomodoro cui viene aggiunto solo un po’ di sale.
Per la lavorazione completamente manuale il pomodorino del piennolo è una qualità molto costosa e pregiata e permette di preparare un sugo in poco più di due minuti.
L’ho gustato con una bruschetta e la mozzarella ma il top è stata la spaghettata di gruppo.
Ho visto con i miei occhi preparare un sugo delizioso con solo 3 ingredienti, olio, aglio schiacciato e piennolo e sono rimasta stupita di come la buccia si sia ammorbidita durante la cottura tanto da non richiedere di essere tolta.
Salvatore è un uomo buono che ha pazientemente risposto a tutte le mie domande e curiosità.
Se volete potete vederlo intervistato in questo video.
L’ultima tappa del viaggio è stata la visita a Buccino della fabbrica de la Fiammante.
Il titolare, Francesco, è un ragazzo giovane che ha fatto una scelta coraggiosa.
Proveniente da una famiglia con una multinazionale del pomodoro si è voluto staccare per creare un’azienda tutta sua creando una filiera etica.
Filiera etica significa tracciabilità di ogni fase della lavorazione del pomodoro, dal seme ai barattoli di vetro delle conserve, passando dai controlli a tappeto dei terreni, delle sostanze inquinanti, al rispetto delle regole dei contratti di tutti i lavoratori impegnati nel processo produttivo, trasporti compresi.
Quando si apre una latta o un vasetto uscito da La Fiammante si ha la garanzia che il pomodoro sia assolutamente made in Italy così come il suo contenitore.
Questa azienda è l’unico esempio virtuoso del centrosud ed è stata citata anche in Parlamento.
L’acquisto della materia prima, proprio per queste caratteristiche, ha un costo maggiore del 25% ma il titolare riesce a mantenere i prezzi del prodotto finito in linea con quelli dei competitor perché la lavorazione di un buon pomodoro implica un minor investimento nella preparazione.
La Fiammante ha da poco ottenuto la certificazione di processo con la “social foodprint” che le garantisce una vetrina importante specialmente all’estero, dove i consumatori sono più attenti di noi italiani alla qualità dei prodotti e alle politiche sociali.
Nello stabilimento vengono lavorati i pomodori del piennolo di Salvatore, i pomodori San Marzano dop, i pomodorini gialli, i peperoni, i friggitelli e i carciofi oltre ai pomodori proveniente dal centro sud Italia usati per conserve.
Il fatturato de La Fiammante è in costante crescita e questo dimostra che produrre delle conserve di qualità con una filiera etica non solo è possibile ma anche redditizio.
Il giro all’interno dello stabilimento è stato emozionante e molto istruttivo, c’era un rumore forte di latte che scorrevano lungo i nastri trasportatori, un buon odore di conserva e tante operaie bravissime che selezionavano il prodotto prima che venisse inscatolato.

Abbiamo visitato anche il laboratorio dove ogni ora vengono effettuate le analisi chimico fisiche dei prodotti lavorati e dove si sperimentano nuove tecniche di conservazione.
Credo che questo blog tour me lo ricorderò per sempre e, anche se non ho vinto il contest, sono felice di avervi partecipato portando un po’ della mia creatività nei piatti a base di pomodoro e pasta che avevo creato apposta.
Trovate qui la prima ricetta e qui la seconda.
Un grazie particolare a Francesco ed Emanuela che durante i tragitti in macchina hanno arricchito il viaggio con ricordi e aneddoti delle tradizioni contadine e, grazie alla loro passione nel promuovere il loro territorio, ho conosciuto una Campania virtuosa, bella da vedere e da raccontare.
 
VIAGGIO IN CAMPANIA ALLA SCOPERTA DELLA PASTA DI GRAGNANO E I POMODORI