Per la prima volta a Napoli si celebra la settimana del ragù promossa da Luciano Pignataro Wineblog e MySocialRecipe.com in ristoranti stellati e trattorie di tutta Napoli.
“O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso
Sì, va buono: comme vuò tu.
Mò ce avéssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere ‘na parola?…
Chesta è carne c’ ‘a pummarola”
(Eduardo De Filippo, “O raù”)
Il ragù – dal francese “ragout”, dall’antico francese ragoûter che significa “far rivivere il gusto”- è forse uno dei piatti più rappresentativi della cucina napoletana.
Il suo antenato sembra essere un piatto della cucina popolare medievale provenzale risalente al XIV secolo, chiamato “ daube de boeuf”, uno stufato di carne di bue mescolato a verdure e cotto lungamente in un recipiente di creta. Il “ragout”, piatto francese posteriore, è sempre uno stufato di carne e verdure, fatto invece con la carne di montone. Questo tipo di preparazione francese inizia ad apparire nella cucina napoletana intorno al XVIII secolo con il regno di Ferdinando IV di Borbone: in questo periodo vi fu una grande influenza della cultura e della moda francese a corte, per questo molti piatti napoletani presero il nome dalle “storpiature” dei nomi francesi, come appunto il ragù (ragout), il gattò (gateau) ed ancora il sartù (surtout).
Fu proprio Carolina d’Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, a introdurre nelle cucine dei palazzi nobili la moda dei cuochi francesi, arricchendo le mense con questo sostanzioso piatto a base di carne di manzo o vitello di prima qualità, ma ancora privo di pomodoro (che giunse poi dalla Americhe). Di esso parla già Vincenzo Corrado nel suo libro “Il cuoco galante” che risale alla prima metà del Settecento. Dello stufato parla anche Ippolito Cavalcanti nelle prime edizioni della sua “Cucina teorica pratica” nella prima metà dell’Ottocento e cita anche per la prima volta dei maccheroni conditi con sugo di stufato e formaggio grattuggiato. In una delle ultime edizioni infine cita per la prima volta la parola “ragù” riferendosi ai maccheroni nel seguente contesto:
“…li frammezzerai in zuppiera con once 12 di parmigiano grattuggiato e sugo di carne ovvero brodo di ragù”. Ma anche in questo caso non specifica se vi entri o meno il pomodoro.
Dell’uso del pomodoro nel ragù si parla forse per la prima volta nell’opera “Usi e costumi di Napoli”, 1857, curata da Francesco de Bourcard, dove il Cav. Carlo Tito Dalbono firma il capitolo “La Taverna”, così descrivendo la distribuzione dei maccheroni da parte dei tavernai: “Talvolta poi dopo il formaggio si tingono di color purpureo o paonazzo, quando cioè il tavernaio del sugo di pomodoro o del ragù (specie di stufato) copre, quasi rugiada di fiori, la polvere del formaggio”.
Il ragù napoletano è diverso da tutti gli altri ragù della tradizione italiana. Si distingue, infatti, da altre tipologie non solo per gli ingredienti, per la lunga cottura e per l’estrema attenzione che richiede, ma anche e soprattutto per la fase più importante della preparazione detta “peppiatura”, “poppiare” (sobbollire), da peppià-pippijà, ovvero pipeggiare, fare il rumore della pipa. Per questo il vero ragù è quello lasciato a cuocere un giorno o una notte intera.
A onorare tutta questa storia e tradizione ci ha pensato Luciano Pignataro che, assieme a MySocialRecipe.com, hanno promosso “Ragù 7 su 7”, una settimana all’insegna del ragù dal 25 febbraio al febbraio al 4 marzo in tutta la città di Napoli: quaranta locali, dai ristoranti stellati alle trattorie storiche, celebreranno il piatto principe della tradizione partenopea, mettendolo nel menù e raccontandolo nella sua variante classica o rivisitata in chiave moderna. 
In programma due laboratori di approfondimento su invito: mercoledì 28 febbraio, ore 19, al Sea Front Past Bar Di Martino l’AIS Associazione Italiana Sommelier approfondirà il matrimonio perfetto tra il ragù, la birra e il vino. Venerdì 2 marzo, ore 12, nell’ambito dell’evento Ragù “7su7” presso l’Aula Magna di Eccellenze Campane a Via Brin si terrà un laboratorio dal suggestivo nome “Ragù Symposium”. Oltre ad assaggiare il ragù di Sabatino Cillo, risultato 1° d’Italia al panel test del Gambero Rosso, si procede con un viaggio in Campania attraverso i ragù campani, ognuno con le proprie tradizioni e cultura del luogo.
Giuseppe Marotta disse: «Il ragù non è una salsa, ma la storia e il poema di una salsa».
Così sia!
 
“Ragù 7 su 7”, una settimana all’insegna del ragù